La distruzione dei documenti nella Pubblica Amministrazione (PA) rappresenta un tema di fondamentale importanza, ancor più delicato rispetto a quanto avviene per le aziende private. Infatti i documenti prodotti dalla PA sono documenti pubblici e la loro gestione è vincolata da una normativa di riferimento che ne definisce obblighi, procedure e tempistiche.
In questo articolo esploreremo in dettaglio come funziona lo scarto dei documenti nella PA, noto anche come “scarto archivistico” e capiremo perché questa operazione – insieme al relativo “massimario di scarto” – riveste un ruolo cruciale nel contesto specifico delle Pubbliche Amministrazioni.
Quando i documenti delle PA vengono distrutti?
La distruzione dei documenti nelle Pubbliche Amministrazioni segue un processo strutturato e regolamentato da precise linee guida.
La normativa impone la conservazione di specifici documenti per un periodo stabilito: ad esempio, le fatture devono essere conservate per un decennio. Le pubbliche amministrazioni devono adeguarsi scrupolosamente a queste disposizioni, che garantiscono la conformità alla norma e la protezione dei dati.
Per i documenti che invece non sono soggetti a tempi di conservazione definiti dalla normativa, ciascuna pubblica amministrazione può delineare i tempi e le modalità di conservazione, adattandoli alle proprie esigenze specifiche.
Generalmente la distruzione avviene quando i documenti hanno raggiunto la fine del loro ciclo di vita utile oppure o quando non è più necessario conservare il documento per finalità amministrative, legali o storiche.
Gestire il ciclo di vita del documento nella PA significa conservare nel modo corretto il documento nei 3 diversi tipi di archivi:
- Archivio corrente: dove si conservano i documenti necessari per lo svolgimento delle attività quotidiane e degli atti in corso.
- Archivio di deposito: un archivio intermedio, dove confluiscono tutti quei documenti che hanno ormai esaurito la loro funzione, ma non sono ancora destinati alla conservazione permanente.
- Archivio storico: dove si archiviano i documenti destinati alla conservazione permanente o alla consultazione pubblica, in quanto di particolare importanza storica, culturale, amministrativa o legale.
Scarto archivistico e massimario di scarto
Quando e come si può procedere allo scarto del materiale archivistico?
Durante i due passaggi, dall’archivio corrente all’archivio di deposito e dall’archivio di deposito all’archivio storico, il documento può essere scartato.
Lo “scarto archivistico” è il processo tramite il quale i documenti vengono selezionati per la distruzione in base a criteri definiti, come la loro obsolescenza giuridico-amministrativa o la loro irrilevanza per l’organizzazione.
La periodica eliminazione dei documenti è una pratica necessaria per ogni Pubblica Amministrazione, per mantenere ordine nell’archivio, garantire una gestione documentale efficace e funzionale e consentire un uso ottimale dello spazio e delle risorse.
Lo scarto di materiale d’archivio è un’operazione dagli effetti irreversibili e quindi delicatissima per la vita di qualsiasi Ente: la valutazione della documentazione da scartare deve essere prudente e precisa e prevedere l’intervento di professionisti dotati di competenze in termini di gestione e archivio dei documenti.
Il processo di scarto segue un iter ben definito. L’organizzazione proponente deve redigere un catalogo completo dei documenti destinati all’eliminazione, che includa le seguenti informazioni:
- Categoria dei documenti soggetti all’eliminazione
- Descrizione dettagliata degli atti
- Intervallo cronologico degli atti
- Quantità di pezzi (faldoni, registri, scatole, ecc.)
- Peso approssimativo
- Eventuali annotazioni e osservazioni che chiariscano le ragioni dell’eliminazione
Questo strumento operativo è chiamato “massimario di scarto” – o anche “piano di conservazione” -, ovvero l’elenco dettagliato di tutti i documenti prodotti dall’ente nel corso della propria attività. Per ciascuna categoria di documento, il massimario indica i relativi tempi di conservazione, quali sono i documenti che devono essere conservati permanentemente e quali invece possono essere scartati, con i motivi e le tempistiche in cui l’operazione di distruzione può essere effettuata.
L’obiettivo del massimario di scarto è coordinare razionalmente lo scarto archivistico dei documenti prodotti dagli enti pubblici e statali. Si tratta di un’attività che deve essere svolta periodicamente al fine di individuare le tipologie documentali che possono essere scartate e distrutte e i documenti che invece devono essere preservati.
Ogni PA ha l’obbligo di dotarsi di un Massimario di scarto – oltre a metterlo a disposizione per verifiche o consultazioni quando richiesto -, come disposto dal “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa” (art. 68 del d.p.r. 28 dic. 2000, n. 445).
I documenti da conservare per sempre nelle PA
Il massimario di scarto definisce i tempi minimi di conservazione dei documenti prodotti o acquisiti dall’Ente.
Tali tempi dipendono da diversi fattori, come:
- Eventuali vincoli normativi in vigore
- Necessità di salvaguardare la privacy dei dati personali
- Scopi giuridici, probatori e gestionali interni all’organizzazione
- Rilevanza scientifica e valore storico-culturale dei documenti
Non tutti i documenti gestiti dalla PA, però, devono essere distrutti. Alcuni, per la loro importanza storica, legale o amministrativa, devono essere conservati in via permanente.
Questi documenti costituiscono il cuore della memoria dell’organizzazione e richiedono una cura particolare nell’archiviazione e nella gestione per assicurare la loro conservazione e garantirne l’accessibilità nel lungo periodo.
Ad esempio, devono essere conservati in modo permanente tutti i repertori (ad esempio, i registri di protocollo) e i documenti considerati vitali, ovvero quelli che in caso di disastro sono necessari a ricreare lo stato giuridico legale e finanziario dell’ente produttore e a garantire i diritti dei dipendenti e dei cittadini.
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